LE SFIDE DEL SINDACATO TRA INNOVAZIONE E PARTECIPAZIONE

Di Francesco Guarente

La crisi causata dal Covid-19 ha dato un duro colpo alle nostre abitudini di vita, ma soprattutto ha colpito profondamente il sistema industriale del Paese. La pandemia ha inoltre velocizzato per forza maggiore l’utilizzo di tecnologie nel mondo del lavoro i cui esiti nel prossimo futuro sono ancora poco chiari, uno su tutti l’utilizzo del lavoro agile. Per l’Istituto Stato e Partecipazione abbiamo intervistato il segretario della federazione dei chimici dell’UGL, Luigi Ulgiati, rappresentante del medesimo sindacato presso il CESE (Comitato Economico Sociale Europeo) a Bruxelles, in merito alle novità del contratto aziendale ENI, sui rischi dello Smart Working e sul futuro della partecipazione.

Che situazione vive l’industria chimica italiana?

Il 2020, caratterizzato dalla pandemia Covid-19, è stato un anno critico anche per l’industria italiana. La produzione chimica ha vissuto una fase di arretramento, in ogni caso minore rispetto al dato dell’industria in generale italiana (-9,6% nella chimica e -13,3% nell’industria in generale su base annuale Fonte Federchimica). Il settore chimico è un settore essenziale, pertanto non si è registrato un vero e proprio stop produttivo, soprattutto grazie alla produzione di prodotti chimici necessari al settore della salute e della cura della persona. Tuttavia, si è osservata una contrazione causata da alcuni settori come il tessile e il cuoio, che hanno avuto criticità maggiori e un fermo più rimarcato.

Che ruolo strategico gioca l’ENI, simbolo dell’industria chimica ed energetica, per l’economia nazionale?

La politica strategica e la legislazione dell’UE hanno stabilito obiettivi entro il 2050 in materia di ambiente, energia e clima, innescando così un processo di transizione energetica per favorire il raggiungimento di emissioni zero. Ognuno dei 27 Paesi europei quindi è focalizzato verso questi obiettivi e di conseguenza sono coinvolte tutte le imprese ed in particolare quelle che si occupano di energia, economia circolare, digitalizzazione e trasporti. L’ENI, uno dei più importanti Gruppi industriali italiani, ha intrapreso ormai da anni un profondo e complesso processo di trasformazione da oil company verso energy company. Ha svolto un ruolo determinate nel nostro Paese e continuerà ad averlo nel futuro sia dell’energia, che dell’economia circolare. Attraverso Versalis è impegnata nella chimica e rappresenta il più importante player italiano, sia per produzioni che per numero di addetti, ed opera nella chimica di base, negli intermedi, nelle materie plastiche, nella gomma e nella chimica da fonti rinnovabili.

Da qualche settimana si parla di un ritorno dello Stato per l’ex Italsider di Taranto. Crede che un ritorno allo Stato imprenditore possa essere una buona strada per il Paese, soprattutto in settori strategici?

Ogni Paese per definirsi libero, deve considerare come aspetto fondamentale dell’economia i settori strategici. Sicuramente l’approvvigionamento energetico è un tema cruciale per l’indipendenza, ma poi chiaramente vanno definiti i settori strategici di ogni Paese e non necessariamente dovranno essere gli stessi.  

In Italia abbiamo avuto un’esperienza fondamentale rappresentata dall’IRI, che di fatto ci ha aiutato nella fase di ripresa del primo dopo guerra e soprattutto nella fase di sviluppo industriale del secondo dopoguerra. Un esempio di imprenditoria mista che è riuscita a coniugare gli interessi di imprenditori privati, con le strategie di sviluppo del nostro Paese con ottimi risultati. Forse una cattiva gestione e forse l’ingresso nell’Unione Europea hanno condizionato il destino di questo strumento, così durante gli anni ‘90 attraverso le privatizzazioni, la politica ha deciso di mettere definitivamente fine a questo modello di gestione industriale.  Non so se saremo più in grado di creare quel modello di intervento da parte dello Stato, ma il contesto normativo generale è assai differente, inoltre vanno fatti i conti con un sistema economico che ormai risponde a logiche globali.  

Parliamo dell’accordo aziendale del dicembre 2020. Nell’accordo Insieme l’ENI parla di transizione energetica. Cosa intende l’azienda per transizione energetica e che vantaggio avrà il paese e soprattutto i lavoratori?

Il documento firmato è un progetto ambizioso che propone in sostanza il comune intento di traguardare l’ENI nel futuro, attraverso un modello partecipativo ed inclusivo, attento alla sostenibilità economica e sociale, e che certamente accompagnerà il processo evolutivo del cambiamento. Il protocollo prevede innanzitutto la conservazione dei siti industriali presenti ad oggi, che saranno aggiornati e o riconvertiti a seconda della propria natura produttiva con progetti mirati di sostenibilità ambientale, anche attraverso un adeguato intervento del Recovery Fund. Con questo documento ENI dichiara l’intenzione di continuare ad investire in Italia per esserne motore di una sospirata ripresa del sistema industriale. Un punto qualificante è il Patto Generazionale, che ha l’obiettivo di accrescere l’occupabilità, favorendo il collegamento tra scuola e lavoro, valutando il ricambio delle competenze, l’inserimento di nuove figure professionali dettate dai processi di trasformazione aziendale con nuove tecnologie. Ci rendiamo conto che siamo di fronte ad una grande sfida, e che sarà un percorso pieno di insidie verso il cambiamento, ma abbiamo il dovere di credere e guardare con fiducia al progetto, perché potrà aumentare le nuove condizioni di sviluppo industriale e competenze, e dare benefici economici non solo al Gruppo stesso, ma a tutto il Paese.

Nell’accordo si parla di un comitato strategico, composto dai rappresentanti delle segreterie nazionali dei sindacati e dai rappresentanti dell’azienda. Che funzioni avrà?

Il Comitato Strategico è uno strumento paritetico, composto da rappresentanti dell’impresa e delle Organizzazioni Sindacali, è stato istituito per monitorare l’evoluzione del business energetico nazionale ed internazionale, valutare eventuali impatti economici, produttivi ed occupazionali e prevede incontri a cadenza semestrale.

Non ritiene che coinvolgere le segreterie nazionali limiti una vera partecipazione dei lavoratori impegnati direttamente nell’azienda?

Il nuovo protocollo di relazioni industriali “Insieme” ha proprio l’obiettivo di mettere al centro del progetto i lavoratori, abbiamo previsto non solo il Comitato Strategico, ma anche un incontro annuale sul Piano Industriale, inoltre è previsto un Comitato HSE per migliorare la salute, la sicurezza e l’ambiente, ed è stato anche predisposto un Comitato Welfare, per analizzare e promuovere ulteriori iniziative di solidarietà e supporto ai lavoratori e alle loro famiglie. Ritengo quindi che si siano gettate le basi per creare un modello partecipativo attraverso il quale si potranno raggiungere gli obbiettivi prefissati e gestire nel miglior modo possibile la sfida del cambiamento e della transazione energetica.

L’accordo è stato firmato separatamente dalle diverse sigle sindacali presenti in azienda, per sterili differenze ideologiche, ma i vari sindacati siederanno allo stesso tavolo durante gli incontri dei comitati istituiti dall’accordo?

Probabilmente alcune Organizzazioni Sindacali o taluni componenti delle stesse non hanno ancora superato il concetto anacronistico di lotta di classe che vede contrapposto il capitale ed il lavoro e quindi sono ancorati ad un modello conflittuale che ormai appartiene al secolo passato. Tutti i meccanismi tesi a dividere i lavoratori non sono visti di buon occhio dalla UGL, anzi crediamo che la forza dei lavoratori possa esprimersi rimanendo coesi, creando i migliori presupposti per rendere partecipi i lavoratori agli obiettivi e al destino di un’azienda. Crediamo che il più importante asset aziendale sia rappresentato proprio dalle risorse umane.

Nell’accordo si parla anche di lavoro agile, non ritiene da dirigente sindacale che spingere senza se e senza ma lo Smart Working possa essere deleterio per l’unita dei lavoratori?

Con ENI abbiamo un’esperienza consolidata sul lavoro agile. Risalgono al 2017 i primi accordi che hanno consentito ai lavoratori di poter esercitare da casa il proprio lavoro per alcuni giorni della settimana, in particolare si è cercato di andare incontro a lavoratori con particolari patologie, secondo una logica organizzativa e di welfare. Successivamente, è stato esteso a due giorni la settimana per favorire i genitori con figli in condizioni di disabilità o lavoratori con patologie gravi. Tra l’altro è previsto un protocollo che garantisce la disconnessione, l’utilizzo di strumenti tecnologici e la definizione dell’orario di lavoro, come l’impossibilità di essere adibiti a lavoro straordinario, notturno o festivo durante lo smart working. In questo modo con la presenza on the job, il lavoratore ha la possibilità di mantenere vivo il rapporto con i colleghi e con l’azienda. Infine questa modalità di lavoro agile ha consentito di affrontare nel corso del 2020 la fase di pandemia Covid 19 in modo rapido e di estenderla a quasi tutti lavoratori delle sedi direzionali e a gran parte di quelli dei siti produttivi.

Lei ricopre un importante incarico in rappresentanza della UGL presso il CESE Comitato Economico Sociale Europeo a Bruxelles. Quali sono le sue impressioni sulla attività del Comitato e sulla presenza della sua Confederazione nello stesso?

Il Comitato Economico e Sociale Europeo assiste il Parlamento, il Consiglio e la Commissione svolgendo funzioni consultive. Sono presenti 329 Membri in rappresentanza dell’impresa, dei lavoratori, e delle associazioni, provenienti dai 27 Stati membri.  Il loro compito è di esprimere pareri rispetto alle nuove norme che vengono discusse dai rappresentanti nel Parlamento Europeo. Il lavoro è suddiviso in sei Sezioni tematiche e sono previsti una serie di Comitati di studio. La UGL essendo una delle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative, esprime un suo Membro. Sono stato nominato nel Comitato ad ottobre 2020, su designazione dalla Presidenza del Consiglio di Ministri e su proposta del Segretario Generale UGL Francesco Paolo Capone, e successivamente eletto nelle Sezioni TEN (trasporti energia, società dell’informazione) e INT (mercato unico, produzione e consumo). Credo che il Comitato svolga un importante ruolo di intermediazione sociale, al pari del nostro CNEL e quindi costituisca un importante strumento di democrazia partecipata. C’è molto da studiare, soprattutto dossier che riguarderanno il futuro dei cittadini degli Stati membri e può anche non piacerci, ma aspetti molto rilevanti di politica, prima di essere declinati nei singoli stati, passano prima attraverso l’approvazione del Parlamento Europeo.

Lei è segretario della Federazione Chimici UGL . Può parlarci della vostra presenza nel comparto, della vostra attività quali agenti contrattuali e della vostra partecipazione alla gestione dei vari Fondi previdenziali ed assistenziali di categoria ?

La Federazione UGL Chimici in realtà è composta da quattro aree contrattuali, Chimici, Tessili, Energia, Carta, che rappresentano sedici Contratti Collettivi Nazionali che firmiamo con il sistema Confindustria (Chimico Farmaceutico, Gomma e Plastica, Vetro, Ceramica, Coibenti, Concia, Tessile Abbigliamento, Pelli e Cuoio, Calzaturiero, Lavanderie Industriali, Energia e Petrolio, Elettrico, Gas e Acqua, Attività Minerarie, Cartai Cartotecnici, Grafici Editoriali). Siamo presenti in maniera piuttosto uniforme in tutta Italia, con una concentrazione maggiore nelle regioni dove sono presenti i distretti industriali. Rappresentiamo i lavoratori sia attraverso l’iscrizione al sindacato che attraverso il sistema di elezione dei RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria). Siamo presenti altresì con nostri rappresentanti eletti dai lavoratori nei principali Fondi Contrattuali previsti dal welfare dei CCNL (Fonchim, Fondogommaplastica, Previmoda, Fondenergia, Pegaso, Fopen, Foncer, Faschim, Salute Sempre, FasP&P).  

In qualità di vice segretario generale della confederazione UGL come vede il futuro del sindacato in Italia nei prossimi anni, anche alla luce dell’attuale situazione economico sociale fortemente condizionata dalla presente pandemia?

La società ha subito profonde trasformazioni in questi ultimi anni, siamo nel pieno della quarta rivoluzione industriale, un fenomeno così dirompente, veloce e globale che non ha precedenti nella storia umana. I processi di digitalizzazione, internet of things, la robotizzazione spinta, hanno modificato non solo la società, il modo di interagire, ma lo stesso lavoro. I lavoratori vedono trasformarsi ogni giorno il loro modo di interagire e di lavorare. Il lavoro non è più concepito all’interno di mura fisiche definite, che un tempo erano la fabbrica o l’ufficio, il tempo del lavoro non è più scandito dalla timbratura del cartellino, ma sempre più spesso dall’efficienza e dal risultato di quello specifico lavoro. Si diffonde sempre più un modello nuovo di lavoro, la gig economy, un modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo, e non sulle prestazioni lavorative stabili e continuative.

In questo scenario il sindacato deve saper valutare il nuovo mondo del lavoro e saper interpretare le nuove esigenze dei lavoratori. Deve essere inoltre in grado di mettere la persona al centro, considerandola come attore del cambiamento di un nuovo modo di lavorare. Il sindacato continua a rappresentare in questa fase un autentico strumento di intermediazione sociale, ma deve anche riuscire a mettersi in discussione rispetto al nuovo scenario e ricercare soluzioni affinché possano crearsi i presupposti reali per la partecipazione dei lavoratori alle dinamiche economiche ed aziendali.

 

Fonte : https://istitutostatoepartecipazione.it/

 

 

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